mercoledì 22 luglio 2009

Recensione a Spuma sulle spighe 2 della Compagnia Anime di Carta in un giardino di Cristallo


Regia: Emanuela Petroni

Dramma di cupa e sobria potenza esistenziale, privo di indulgenze, preciso, quello messo in scena dalla Compagnia Anime di Carta per la Regia di Emanuela Petroni. Emerge subito dalla coralità di insieme di trovarsi al cospetto di un registro teatrale sperimentale dove però la fedeltà al testo si enuclea in tutta la sua centralità nella buona gestione dei singoli ruoli attoriali che danno l’impressione di essere parte di un "documentario fotografico" dove la realtà diviene dato oggettivo e si sostanzia di una locuzione temporale in continua sospensione.

Ed è proprio nello stallo apparente che in rivoli si distilla al tempo di una clessidra inteso come logos che risiede il fulcro dell’opera di Garcia Lorca, sapientemente riadattata dalla giovane regista reatina. Il concetto della casa è magistralmente alterato, quindi non sinonimo di focolare, unione, amore comprensione ma prostrato alla prigionia esistenziale e storica alla quale Bernarda assoggetta le figlie, spietatamente come personificazione di quella figura dittatoriale alla quale Garcia Lorca guarda con orrore e che di li a poco si sarebbe imposta in Spagna.

Da sottolineare è la compressione dello spazio scenico che se in prima battuta potrebbe risultare proibitivo in quanto la recita si svolge all’aperto, in secondo luogo risulta invece estremamente efficace in quanto la buona sincronizzazione degli attori isola bene la figura di Bernarda che imperiosa e spietata troneggia al centro, mentre le figlie obbligate da lei stessa a vestire a lutto sono disposte in forma di mezza luna attorno, quasi a richiamare la natura genitrice del cerchio che a mio avviso non si chiude giustamente in quanto il destino ha frantumato il legame genitoriale.

Le donne che occupano la casa di Bernarda Alba sono nane, costrette in una sorta di amputazione fisica che è sintomo della menomazione morale, e le attrici, recitando in ginocchio, subiscono una costrizione corporale che dà visibilità alla prigione psicologica dei personaggi, una coartazione carceraria che serve a instaurare disagio, nella concisa intuizione della regista Emanuela Petroni.

Dal punto di vista recitativo è apprezzabilissima l’interpretazione di Bernarda, pulita nella dizione e con una buona entratura in generale, mentre potrebbe essere più incisiva nell’uso del bastone che rappresenta il potere autoritario e quindi necessitava di maggiore autorevolezza poiché è proprio l’atteggiamento arrogante che fa si che le figlie ardano di passione interiore che non esiste dittatura in grado di frenare e tanto meno di controllare.

Di notevole spessore risulta l’interpretazione della vecchia madre pazza, lucida nella sua follia senile che vede la casa dunque come trappola, mondo dei conflitti segreti, dei rancori covati, ma che, tuttavia, dovrà preservare la facciata esterna della rispettabilità, per un confronto senza ombre con la comunità. Bellissimo l’iniziale monologo di quest’ultima che catalizza in se l’elemento estetico nell’atto di plasmare una statua dove l’attrice inizialmente è elemento neutro per poi forgiare costantemente l’ immagine di se coniugando in maniera esemplare quei due elementi quali teatro ed arte dove risiede non soltanto il percorso della vita ma il suo stesso futuro in quanto essa scopre e soddisfa nuovi bisogni e piaceri.

Immobilizzate nell'involucro della loro condizione di donne, non conoscono la Donna, la fisicità, la vita, ma provano ad immaginarla ed è quì che assume valenza il ruolo di Ponzia, l'unica che sa realmente guardare dentro di loro e che le spolvera un po' del grigiore in cui sono cresciute.

La Ponzia affonda le mani nel sangue delle ragazze, tastandone l'amore, l'odio, il rancore, la rabbia, l'invidia che ribolliscono nelle loro vene. Un ruolo dove l'attrice della compagnia Anime di Carta è molto brava nei toni recitativi di grande peso espressivo. Tensioni che non possono fare a meno di fuoriuscire, esplodendo nella violenza degli sguardi e nella crudezza delle parole. I respiri soffocati, i sospiri rassegnati, diventantano calore sprigionato, misto ad un'afa opprimente incontenibile che rischia di far sciogliere le pareti e di far dilagare la verità all'esterno.

Ma le mura della Casa di Bernarda Alba, ispessite da anni di dispotismo, di repressioni, di egoismo, di parvenze e di ipocrisie, non crollano e la Verità vi morirà all'interno insieme a Bernarda, che come un simbolo cui neanche la memoria deve sopravvivere verrà ricoperta dagli attori come in un processo iniziatico di scialli. E' la morte che le figlie salutano lierando una nuova civiltà.

Raoul Bianchini

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