lunedì 31 agosto 2009

L'estate sta finendo, le polemiche no


In estate, si sa, l’attività istituzionale viene sospesa per un breve periodo allo scopo di consentire agli esponenti dei vari partiti politici - vogliano i Lettori scusare il gergo calcistico utilizzato a sproposito - di andare in “ritiro” per prepararsi al meglio ad una nuova stagione politica. I toni si smorzano e gli animi si placano, o almeno questo è ciò che dovrebbe accadere.

Allo stesso modo, si sa altrettanto bene che i vari mezzi d’informazione, anche ad agosto, hanno l’incombente necessità di riempire le proprie pagine/i propri spazi radiotelevisivi per mettere in condizione i vari redattori, collaboratori, dipendenti, di portare a casa la sudata “pagnotta”. Fortunatamente, anche in piene vacanze, la mania di protagonismo di alcuni politici nostrani - totalmente incuranti dei pericoli estivi, delle temperature africane delle nostre città e dei temibili colpi di sole - viene in soccorso dei poveri lavoratori dell’informazione. Così, i toni del dibattito si spostano sui registri del tragicomico e del grottesco ed il giornalismo finisce per sconfinare in terreni che mai avrebbe immaginato di calcare in altri periodi dell’anno. Abbiamo assistito ad improbabili batti e ribatti sul ruolo del professore di religione negli scrutini, sulla rappresentatività dell’Inno di Mameli, sulle capacità scolastiche del figlio del Senatur, giungendo addirittura ad inscenare una sorta di campionato - contest, direbbero gli anglofoni - dell’intolleranza, per decretare una volta per tutte l’esponente leghista più ostile nei riguardi degli immigrati clandestini (per la cronaca, gara vinta da Borghezio dopo i tempi supplementari).

Del resto, durante le vacanze la questione è in questi termini: il telegiornale si guarda perché concilia l’appetito - o il sonno, dipende dai punti di vista - ed il quotidiano si compra soltanto per il sudoku, o giù di lì. La vita continua lo stesso. Ma l’estate è un po’ pazzerella e spesso i giornalisti stessi prendono in mano l’iniziativa ed escono fuori dalle righe con dichiarazioni shock, arrivando in qualche occasione persino a turbare il mondo dei media e della politica stessa con i propri contegni.

Il gradino più alto del podio in occasione del galà dell’informazione trash dell’estate 2009 va sicuramente riservato a Vittorio Feltri, fresco (ma non troppo) direttore del Giornale, quotidiano di proprietà della famiglia Berlusconi. Il nostro è riuscito in pochissimi giorni ad incrinare nuovamente i rapporti tra il premier e la Chiesa - con l’annullamento da parte della Santa Sede della cena riparatrice Berlusconi-Bertone - e ad infuocare il dibattito politico appena sopito.

Rimanendo sempre dell’opinione che appaia alquanto bizzarra la necessità di un avallo da parte della Chiesa nei riguardi della vita privata di una persona, chiunque essa sia, ricapitoliamo ai Lettori meno attenti - e chi può biasimarli visto il periodo vacanziero? - le vicende trascorse. Nelle scorse settimane alcuni media italiani ed esteri hanno portato a conoscenza dell’opinione pubblica la vita dissoluta di Silvio Berlusconi, documentando comportamenti apparentemente sorretti da una condotta immorale. L’Avvenire, quotidiano vicino alla Chiesa cattolica, si è immediatamente schierato contro il Presidente del Consiglio, ritenuto reo di portare avanti uno stile di vita non consono alla carica ricoperta. Il nostro premier ha risposto agli attacchi dei vari mezzi d’informazione attraverso le vie legali e con dichiarazioni pubbliche, sia in televisione che sulla carta stampata, prendendo particolarmente in considerazione l’operato de l’Avvenire. A questo punto Vittorio Feltri, neo-direttore della “Pravda” di casa Berlusconi, ha ben pensato di venire in aiuto del proprio mentore con una sconsiderata e ficcante invettiva contro l’Avvenire ed il suo direttore Dino Boffo, millantando soffiate da parte di sedicenti “gole profonde”, pescate chissà dove in qualche recondito meandro del sistema giudiziario italiano, ed etichettando il collega come un omosessuale (fin qui, se non fosse che il collega dirige l’Avvenire, non ci sarebbe nulla di male) e per giunta molestatore. Ovviamente le veline passate al Giornale erano prive di fondamento e le notizie pubblicate del tutto campate in aria. Nihil sub sole novi.

Forse, qualcuno lassù sta già rimpiangendo Mario Giordano.

Alessio Lannutti