martedì 14 luglio 2009

Fahrenheit via Appia nuova


Il 12 luglio 2009 sarà ricordato da molti romani come il giorno dell’incendio di via Appia nuova. Nel primo pomeriggio le fiamme sono divampate da un autodemolitore e da un deposito giudiziario della Polizia Municipale siti in via dell’Almone, proprio all’incrocio con via Appia nuova. Comprensibile la preoccupazione dei cittadini e delle Forze dell’Ordine stesse. L’incendio ha infatti raggiunto in poco tempo dimensioni considerevoli portandosi a ridosso delle abitazioni e del Parco della Caffarella, polmone verde del quartiere Appio Latino.

Le continue esplosioni a catena di pneumatici, serbatoi, bombole del GPL delle autovetture parcheggiate hanno allarmato la popolazione residente nelle zone limitrofe. Le strade sono state immediatamente chiuse al traffico ed alcuni cittadini evacuati dall’area interessata.

I Vigili del Fuoco hanno impiegato tutta la notte per avere la meglio dell’incendio, impiegando diverse autopompe, un elicottero e dei mezzi speciali di stanza all’aeroporto di Ciampino. I pompieri sono stati costretti ad avanzare provvedendo allo spegnimento dei singoli autoveicoli, proprio per evitare eventuali ulteriori esplosioni che avrebbero potuto mettere a rischio l’incolumità degli uomini. Le autorità non escludono ancora la natura dolosa dell’evento.

Scene da film in un torrido pomeriggio romano di (quasi) mezza estate. La nube di fumo era visibile praticamente da ogni zona della città, oltre i limiti del Grande Raccordo Anulare, in un’atmosfera che non faticherei a definire surreale.

In un’epoca come la nostra, dove al minimo segnale di pericolo istintivamente perdiamo il lume della ragione per cercare un riparo, facendo prendere il sopravvento a paura ed avventatezza, un evento di tale portata ha sicuramente turbato la psiche di un certo numero di cittadini, specialmente di quelli direttamente interessati, residenti a pochi passi dal luogo del grande incendio. Pur non avendo ancora raggiunto i livelli di isteria collettiva dei paesi anglosassoni - dove uno zaino abbandonato fa scattare reazioni ipocondriache da parte dei presenti ed una qualsiasi “combustione spontanea” viene scambiata per un attentato terroristico di matrice fondamentalista (attenti a non fumare mai in luoghi chiusi, potrebbero scambiarvi per un seguace di Osama Bin Laden) - nelle varie fasi dell’incendio ci siamo difesi benissimo. A dimostrazione che a volte è proprio l’irrazionale a provocare tendenze maniacali negli individui.

I romani hanno letteralmente tempestato i centralini dei Vigili del Fuoco con un ritmo martellante di 60 telefonate al minuto, effettuate dalle zone più disparate della capitale. Magari, per i curiosi sarebbe stato più opportuno accendere la tv, la radio, collegarsi al sito dell’Ansa, al limite - qualora ritenuto strettamente indispensabile - fare quattro passi in direzione della nube di fumo, piuttosto che occupare per scopi talmente frivoli e voyeuristici delle linee destinate alle emergenze. Da buoni italiani, oltre a telefonare ai Vigili del Fuoco quasi fossero un numero utile al quale chiedere informazioni, indirizzi e previsioni del tempo, molti hanno ben pensato di recarsi direttamente sul posto in una sorta di pellegrinaggio nel luogo dell’evento. Famiglie, anziani, coppiette. Erano tutti presenti, raminghi per via Appia come formiche impazzite. Alcuni probabilmente avevano fatto svariati chilometri solo per poter dire “c’ero anch’io”. Per la serie, non ci lamentiamo poi se all’estero ci etichettano in un determinato modo, prendendoci pesantemente per i fondelli.

Nell’incendio è rimasto leggermente ferito un pompiere, che fortunatamente se la caverà. Approfittiamo dell’occasione per porgere un ringraziamento al corpo dei Vigili del Fuoco, per il coraggio dimostrato ogni giorno e la solerzia e tempestività negli interventi.

Alessio Lannutti

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