Ai giorni nostri siamo abituati a dipingere la realtà che ci
circonda attraverso degli stereotipi. E’ la società moderna, con i suoi stili
di vita frenetici e la sua assurda tendenza alla semplificazione, che ce lo
impone. In questo modo, un atleta professionista viene considerato dall’opinione
pubblica alla stregua di un entità sovrumana, un superuomo distante anni luce
dagli altri comuni mortali.
Certi sportivi, nell’immaginario collettivo, si è portati a
rappresentarli così. Spocchiosi con il prossimo, un po’ megalomani, sempre con
la puzza sotto il naso, in qualche caso nevrastenici. In parole povere, delle vere
e proprie primedonne.
Nella maggior parte dei casi, una rappresentazione di questo
tipo potrebbe fornire un profilo abbastanza rispondente a verità del campione
sportivo medio. La descrizione appena fatta, è indubbio, calza a pennello per
molte stelle dello sport che invadono le prime pagine delle riviste di settore.
Eppure, fortunatamente, esistono piacevolissime eccezioni.
Tra i tanti assi che popolano l’olimpo delle competizioni sportive possiamo
ancora trovare persone normalissime, talmente lineari da riuscire a confondersi in
mezzo alla gente ordinaria con assoluta naturalezza. Marco Simoncelli ne era
l’esempio emblematico. Bastava osservarlo, in pista, ai box o nei quadretti di
vita quotidiana che spesso regalava ai telespettatori del motomondiale, per
comprendere un’importante lezione: a generalizzare si sbaglia sempre.
Considerare un atleta esclusivamente per le sue doti
sportive, facendo passare le qualità umane in secondo piano, è un altro grave errore.
Molti fan pensano di sapere tutto dei propri beniamini limitandosi ad un'attenta analisi delle loro prestazioni, quando in realtà, così facendo, si fermano soltanto
all’apparenza. Non bisogna mai dimenticare che anche i campioni dello sport
sono esseri umani come tutti gli altri. Così, può anche accadere che la stella di una
determinata disciplina sportiva sia soprattutto una persona semplice, cordiale,
alla mano, nella vita di tutti i giorni.
Domenica 23 ottobre 2011 il destino ha portato via da questo mondo il nostro “Sic”, che adesso continuerà la sua corsa chissà dove. Dovrei parlare dei fatti, del terribile incidente di Sepang, di quella scivolata che ha strappato un ragazzo di 24 anni all’affetto dei suoi cari, eppure non lo farò. Preferisco ricordare chi era Marco Simoncelli, in pista e fuori. Il motociclismo, come gli altri sport motoristici, presenta e presenterà sempre dei rischi. Appena un anno fa, a Misano, moriva il giapponese Shoya Tomizawa. Pochi giorni prima del Gran Premio della Malesia, il britannico Dan Wheldon ha perso la vita a Las Vegas durante una corsa di IndyCar. Questi episodi dimostrano lapidariamente che il pericolo fa parte del mestiere di pilota.
Se Valentino Rossi, per rimanere in tema di due ruote, è
stato ed è tuttora un campione popolare, capace di mettere d’accordo milioni di
italiani, Marco Simoncelli, con la sua naturalezza, veracità e simpatia, ci aveva
conquistati tutti. “Sic” incarna il classico esempio del ragazzo della porta
accanto che ce l’ha fatta a realizzarsi nella vita. Per questo ci mancherà. Nel
suo sguardo c’era tutta l’umiltà di chi, nell’inseguire un sogno, era riuscito
a raggiungerlo e persino a superarlo, senza mai perdere il contatto con la
realtà. Il talento di Marco, infatti, era eguagliato soltanto dalla sua incredibile umanità.
Simoncelli, che ha rappresentato una ventata di freschezza nel circus del motomondiale, è un modello da
seguire per tutti i giovani, l’esatto opposto degli atleti stereotipati,
intrattabili e pieni di sé, ai quali la televisione ci ha ormai abituati da tempo.
Avulso da fenomeni di divismo, era un ragazzo genuino, vero, sincero. Un
campione del popolo, forse proprio perché tutti potevano immedesimarsi in
lui.
Se in queste ore l'Italia intera si ritrova a piangere la scomparsa del giovane centauro emiliano il motivo è semplice. Non era necessario trovarsi di fronte a Marco, faccia a faccia, per conoscerlo veramente. Era sufficiente guardare i suoi occhi, ascoltare le sue parole, anche attraverso uno schermo televisivo posizionato a migliaia di chilometri di distanza, per capire davvero chi fosse. La sua umanità si percepiva dalle piccole cose, dai comportamenti di tutti i giorni, dai suoi sorrisi.
Se in queste ore l'Italia intera si ritrova a piangere la scomparsa del giovane centauro emiliano il motivo è semplice. Non era necessario trovarsi di fronte a Marco, faccia a faccia, per conoscerlo veramente. Era sufficiente guardare i suoi occhi, ascoltare le sue parole, anche attraverso uno schermo televisivo posizionato a migliaia di chilometri di distanza, per capire davvero chi fosse. La sua umanità si percepiva dalle piccole cose, dai comportamenti di tutti i giorni, dai suoi sorrisi.
L’atmosfera distesa e composta che ha fatto da cornice al
funerale di Coriano vale più di qualsiasi altra cosa. Marco Simoncelli era un giovane
come tanti altri, morto facendo ciò che gli piaceva veramente. Nonostante i successi
nelle competizioni sportive e l’indiscutibile talento ha sempre mantenuto i
piedi per terra, è sempre rimasto legato alla sua terra, alla sua famiglia ed
alle sue tradizioni. Cosa più importante, non ha mai smesso di dire ciò che
pensava nella maniera più chiara e diretta possibile.
Non conoscevo personalmente Marco Simoncelli. Lo stesso
discorso vale per la maggior parte delle persone che oggi sono addolorate per
la sua scomparsa. Tuttavia, in un certo modo, si può dire che tutti quanti, nel
giorno dell’ultimo saluto, hanno compreso pienamente la filosofia di “Super Sic”, come se lo avessero frequentato per una vita intera.
Anche adesso che la sua Honda con il numero 58 non è più
sullo schieramento di partenza della MotoGP, il “Sic” continua a sfrecciare nei
ricordi di tutti gli appassionati. Con la consapevolezza che nella vita, come
nel motociclismo, può succedere di tutto. A volte si cade, senza riuscire a
rialzarsi. Fa parte del gioco. E se capita di scivolare, proprio mentre stiamo facendo quello
che abbiamo sempre amato, l’impatto magari può avere un sapore meno amaro.
La morte di Marco ha lasciato un piccolo grande vuoto in ognuno di noi, è indiscutibile. Eppure, quando la sua simpatica sagoma, con gli
inconfondibili capelloni, appare sugli schermi delle nostre case in qualche
immagine di repertorio, “Sic” riesce comunque a strapparci un sorriso. Sappiamo
che non fa più parte di questo mondo, dovremmo essere tutti molto affranti, eppure Marco riesce lo stesso a renderci felici. Sta qui la sua incredibile forza.
Un personaggio come Simoncelli, nella sua genuina
spontaneità, ha contribuito ad avvicinare parecchie persone al mondo del motociclismo, dimostrando che un campione non deve essere necessariamente un personaggio inarrivabile per le persone comuni. Questo
la gente non può e non deve dimenticarlo.
Ciao Marco, anche se la maggior parte di noi non ha mai avuto la fortuna di conoscerti personalmente, resterai per sempre nel cuore di tutti gli italiani.
Ciao Marco, anche se la maggior parte di noi non ha mai avuto la fortuna di conoscerti personalmente, resterai per sempre nel cuore di tutti gli italiani.
Alessio Lannutti
commovente... anche se ti rispondo dopo un anno di distanza ti voglio fare i miei complimenti,articolo bellissimo!
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