domenica 8 maggio 2011
Habemus Moretti
Poetico e coraggioso. Sono questi gli aggettivi più adatti per sintetizzare i pensieri che si accavallano durante i titoli di coda dell’ultima fatica di Nanni Moretti, regista ed attore che ci ha ormai abituato a grandi performance.
L’idea è decisamente originale: un solenne conclave elegge un nuovo pontefice e la scelta, contro ogni pronostico, ricade su un cardinale francese che al momento della presentazione ai fedeli scopre tutta la sua ansia ed il suo panico. È un vero blocco che non solo impedisce l’incontro con una piazza San Pietro gremita, ma paralizza cardinali e Vaticano, costretti a ricorrere ad un laicissimo luminare della psicoanalisi - interpretato da Nanni Moretti - nel disperato tentativo di risolvere l’umanissimo problema dell’erede di Pietro. Quest’ultimo inizia un intimo percorso che lo porterà alla fuga. Parallelamente allo svolgersi della storia, si racconta un ironico incontro tra il Nanni psicanalista ed i diversi cardinali del conclave, scoperti nelle loro caratteristiche come dei simpatici anziani con le loro dolci bizzarrie. È paradossale ed emblematico, ma soprattutto tremendamente divertente, il “mondiale” di pallavolo tra i membri del sacro consiglio, divisi per continente di appartenenza.
L’ironia è sicuramente il mezzo comunicativo privilegiato nel racconto, ma è sottile, leggera, adeguata al tema affrontato. Serve coraggio e capacità per illustrare le debolezze dell’uomo moderno collocandole nel sacro: trasformare le guide spirituali della Chiesa Romana in uomini, raccontandone le debolezze, ma anche le storie e virtù personali, indipendenti da quelle ecumeniche di ministri della Chiesa.
La bravura consiste proprio nello sviluppare l’intreccio narrativo senza dare un’immagine grottesca o offensiva della Chiesa. Nessun rituale è raccontato con l’intento di svilire l’istituzione ecclesiastica, anche se il solo tentativo di umanizzare ciò che viene considerato sacro può risultare sgradevole per la sensibilità di chi crede. Il tema è coraggioso, quasi azzardato: nonostante la delicatezza con la quale viene affrontato, si corre lo stesso il rischio di offendere i credenti. Da sempre in Italia le figure religiose sono collocate in un’altra dimensione, circondate da un’aura mistica che le esenta dalle dinamiche umane e dalle emozioni terrene.
Nanni Moretti si era già cimentato nel tentativo di dare un’immagine diversa, terrena, emotivamente partecipe alle vicende del prossimo della Chiesa in “La messa è finita”, dove rappresentava i turbamenti e la solitudine di un giovane prete alle prese con le proprie problematiche personali.
Il finale dell’ultimo film di Moretti è sicuramente in linea con questa visione: il Papa rinuncia al suo incarico ed ammette, davanti ad una piazza San Pietro gremita di fedeli, di non essere nato per condurre, ma per essere condotto. Un’immagine cinematograficamente ed emotivamente efficace ed emblematica dello spirito dell’opera morettiana.
Daniela Manca
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